Un mattino di settembre presi il sacco e uscii di casa senza voltarmi indietro. La mia meta stava a sud, un sud così perfettamente astronomico che sarebbe bastata la bussola a raggiungerlo. Era la punta meridionale dell'Istria, un promontorio magnifico sui mari ruggenti di Bora, regina dei venti d'inverno, e di Maestrale, che è il più glorioso dei venti d'estate. Una scogliera talmente ideale che è stata battezzata «Capo Promontore» (Premantura in lingua croata). Un luogo che tutti i lupi di mare sanno riconoscere traversando l'Adriatico. Mi era venuta voglia di andare, una voglia pazzesca e improvvisa, e in una settimana contavo di farcela alla media «tranquilla» di una ventina di chilometri al giorno. In tutto, centocinquanta chilometri da Trieste, la mia città.


Trieste sta in alto a destra sulla carta geografica d'Italia, ed è talmente periferica che da lì è quasi impossibile fare un viaggio senza passare una frontiera. Trieste non è Bologna o Napoli. Nella mia città cambia il mondo e inizia il profumo d'Oriente. Fino a pochi anni fa per la stazione ferroviaria di casa mia passava il più avventuroso dei tre Orient Express, i favolosi treni passeggeri che raggiungevano il Sudest dell'Europa attraversando i Balcani. Quello che sostava a Trieste era denominato  «Simplon»,  perché percorreva la famosa galleria del Sempione, e a bordo di quei vagoni la scrittrice di romanzi gialli Agata Christie ha ambientato un famoso assassinio. Il «Simplon» collegava Parigi a Istanbul attraverso le Alpi Svizzere, Milano, Trieste, Belgrado, Sofia, e la vera avventura cominciava appunto a Trieste, quando si entrava nelle impenetrabili foreste di un paese che oggi non c'è più: la Jugoslavia, crollata negli anni Novanta a causa di una guerra sanguinosa che l'ha spezzata in sei stati più piccoli.


A Trieste la frontiera è così vicina che per raggiungerla basta un'ora e mezza a piedi o mezz'ora in bicicletta. Quando partii per Capo Promontore sapevo che avrei dovuto passarne due in meno di venti chilometri: prima quella con la Slovenia e poi quella con la Croazia, due dei sei stati che si sono sostituiti alla Jugoslavia. Due frontiere in uno spazio così piccolo, mi direte, non è cosa normale. Il fatto è che dalle mie parti le linee che separano i popoli con sbarre e dogane si aggrovigliano in modo demenziale. La mia è una terra inquieta, e nell'ultimo secolo i suoi confini si sono spostati in continuazione per via dei due conflitti mondiali e infine della guerra che ha diviso la Jugoslavia, eventi che hanno separato famiglie e generato molta infelicità. Mia nonna materna, nata nel 1890, è vissuta sotto sei diverse bandiere senza smettere di abitare a Trieste: Austria, Italia fascista, Germania, Jugoslavia, governo angloamericano e poi definitivamente Italia democratica. Così vanno le cose del mondo.


Questo è il racconto di un viaggio a piedi che può servirvi da guida, se mai un giorno vorrete seguire le mie tracce sugli stessi affascinanti terreni: qui troverete le indicazioni per ricostruire l'itinerario su una mappa. Ma questo racconto è anche un modo per darvi una serie di istruzioni tecniche sulla camminata in generale. Il bagaglio, l'orientamento, l'andatura, l'alimentazione, gli incontri con gli uomini e gli animali. Soprattutto, vorrei incitarvi a mollare gli ormeggi e andare, perché camminare rischiara la mente, conforta il cuore e cura il corpo.


Gli uomini camminano sempre meno, sono diventati sgraziati, si muovono curvi sui loro telefonini, hanno il collo storto per l'abuso del computer, le spalle rovinate dall'utilizzo del mouse, lo stomaco contratto dallo stress e la testa piena di segnali e rumori di fondo. Un indonesiano, o un etiope, cammina in modo più nobile e felpato di noi, e quando porta un bagaglio in equilibrio sul capo mostra un'andatura eretta e sinuosa che noi abbiamo perduto da un secolo. Qualcuno dirà che sono esagerato. Rispondo con una semplice osservazione fatta nelle vie delle nostre città. Una volta c'erano solo gli scontri frontali fra automobili: oggi è facile vedere scontri fra pedoni che si tagliano la strada alla cieca, digitando messaggini (...)


I viaggi si sognano a lungo e io sognavo da anni il capo delle tempeste in fondo a quella penisola. Sognavo di tagliare l'Istria con un mio itinerario, intendo dire una strada scelta da me; una pista da individuare d'istinto, col fiuto di un buon cane da caccia. Ero stufo di seguire le strade degli altri, di procedere su percorsi già segnati con in mano una guida. Volevo ritagliarmi un'avventura mia, e lo spazio per farlo c'era. Per l'avventura lo spazio c'è sempre, in qualsiasi parte del mondo. Basta rinunciare alle strade battute e alle strumentazioni elettroniche come il G.P.S. Non fatevi smontare da chi vi dice il contrario. Basta prendere una mappa e scegliere la strada.


Per uno che va a piedi la scelta delle mappe è fondamentale ed è un affar serio trovare quelle giuste. Oggi che si usano i navigatori satellitari ne vengono prodotte sempre meno, ed è un peccato, perché solo la carta vi dà la visione d'insieme e vi aiuta a sognare una strada. Le carte buone devono anche indicare chiaramente ogni dettaglio (ponti, sentieri, ferrovie, case isolate, foreste, scarpate rocciose o fiumi) e devono essere quindi della scala giusta. L'ideale per chi cammina è quella «uno a venticinquemila», dove ogni centimetro equivale a duecentocinquanta metri (e di conseguenza a ogni chilometro «reale» corrispondono quattro centimetri sulla mappa). Ma anche una buona carta con una riduzione a cinquantamila può fare egregiamente il suo servizio.


La strada che sognavo di fare era a metà fra la costa ovest e quella est. Mi spiego: se la punta meridionale dell'Istria forma un angolo acuto, la mia strada avrebbe dovuto spaccarlo in due come la freccia di Guglielmo Tell aveva fatto con la mela sulla testa del figlio. Volevo raggiungere quell'angolo magico con una linea retta che i testi di geometria chiamano «bisettrice». Il territorio della penisola è magnifico: montagne popolate da orsi, altopiani crivellati da grotte e precipizi, paesi arroccati come in Toscana, vigne e sterminati uliveti. E ancora salvia, rosmarino, e praterie di piante aromatiche agitate dal vento e capaci di sprigionare profumi da sballo. E infine una costa frastagliata di roccia bianca come la neve.


Nel Mediterraneo vi sono tre affascinanti penisole triangolari, abbastanza simili fra loro, ed egualmente piene di leggende. La prima è il Sinai, che con la sua punta meridionale entra nel Mar Rosso; è la regione di aspre montagne desertiche dove Dio dettò a Mosè le tavole della legge, dopo la fuga degli Ebrei dall'Egitto. Poi c'è la Crimea, terra selvaggia come poche altre, a nordovest del Mar Nero, che fu colonizzata dai Greci secoli prima di Cristo e poi da misteriose popolazioni giunte dall'Asia. Infine c'è la mia Istria, dove l'Adriatico finisce.


In Istria si incontrano tantissime cose. Due mondi, le Alpi e il Mediterraneo; tre lingue, italiana, slovena e croata; e i segni forti di tre dominazioni: Roma, che ha lasciato tra l'altro una grandiosa arena nella città di Pola; Venezia, che per secoli in Istria ha avuto basi commerciali costiere - Pirano, Rovigno e altre - sulle rotte del mare d'Oriente; e infine l'impero d'Austria, che su quella penisola strategica ha costruito porti e ferrovie ancora in funzione, e che si è dissolto con la prima guerra mondiale.

 

Paolo RUMIZ  "A piedi" (2018 - Feltrinelli)

 

  • sacco: lo zaino
  • meta: la destinazione
  • ruggenti: il ruggire è il verso del leone, in questo senso ulrlare in modo rabbioso
  • i lupi di mare: esperti navigatori solitari
  • contavo di farcela: speravo di riuscire  
  • sostava: si fermava
  • impenetrabili: dove non si può entrare
  • aggrovigliano: attorcigliano, che sono tutti incrociati
  • inquieta: che non ha pace
  • se mai: nel caso, nell'ipotesi
  • incitarvi: stimolarvi, motivarvi
  • mollare gli ormeggi: linguaggio marinaro, significa partire
  • sinuosa: aromonica
  • fiuto: l'istinto di scegliere legato all'olfatto
  • ritagliarmi: ricavarmi, prendermi
  • affar serio: importante
  • egregiamente: molto bene
  • crivellati: pieni di buchi
  • sprigionare: liberare
  • da sballo: la sensazione legata all'uso di droghe
  • frastagliata: irregolare
  • dissolto: sciolto, che non esiste più